Svevia, Cavalieri!" – gridò correndo verso la porta, dove arrivato si voltò alla Regina iterando la preghiera: "Raccomandatemi a Dio."
Durava da un'ora l'assalto; ma quantunque i Baroni pugliesi tenessero il fermo con ammirabile costanza, si vedeva chiaro che non potevano durare più a lungo: quando all'improvviso i colpi nemici cominciarono a farsi più rari, poi a cessare del tutto; anzi sentirono che si sbandavano alla dirotta, e dopo alcuni istanti con incredibile gioia suonare da per tutto: "Viva Manfredi!"
Aprite al Re!
– urlavano cento voci; e quelli, riconosciuta l'Aquila di argento, schiudevano la porta. Entrava Manfredi accompagnato da pochi cavalieri; i rimanenti si fermavano avanti la porta; si inoltrava palpitante, trascorse la corte, giunse alla scala; – era buio, – nel porre il piede sopra il primo gradino inciampa in un corpo, – sorge un gemito profondo, e un lamentare sommesso, che diceva: "Chi mi calpesta?" – Vengono le torce; Manfredi riconosce nel moribondo il fedele Benincasa: – ferito mortalmente di una freccia nel petto, erasi il leale Barone quivi condotto per morire tranquillo.
Corrado, mi riconosci?
gli domandò pietoso Manfredi.
Ah! se vi riconosco?
rispose il moribondo levando le pupille velate "voi perdete un fedele... ed io... muoio contento di aver salvato il vostro sangue...."
No, tu vivrai, Corrado!
proruppe Manfredi, e si curvò sul giacente... aveva esalato l'ultimo fiato: una lacrima scese sul volto del morto dal ciglio del Re, che si allontana, prorompendo in singhiozzi convulsi.
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