– Allorquando il Provenzale si fu impadronito di San Germano, la plebe stolta, per piacere al nuovo signore, cinse di un capestro il collo del fedele Benincasa, e lo strascinò a vituperio per le strade della città, – solito premio che gli uomini sogliono dare alla virtù sfortunata! – Il tempo però che rende a tutti le sue giustizie ha ormai sentenziato se in quel momento l'avvilito fosse Corrado Benincasa, o il Conte di Provenza, che vide cotesto scempio, e potendo nol volle impedire. Certo io ho fede che l'Angelo della Vendetta gli notasse quell'opera, e che fino da quell'ora Carlo d'Angiò si rendesse degno dell'ira divina, che così acerba lo colse nei Vespri Siciliani: se così non fu, io mi dispero sul destino della creatura.
Udiva la famiglia del Re Manfredi i passi accelerati che si dirigevano alla sua volta; udirono toccare le imposte; si nascose Manfredino dietro il manto della madre, gittò un grido Gismonda, sorse la Regina, e Yole le si fece appresso per sostenerla.
Non bisogna....
– parlò la nobile Elena rimuovendo da sè le braccia della figlia, e si atteggiava in altera sembianza.
Si spalancano le imposte.... "Vergine benedetta! Manfredi!" – Il Re non proferisce motto, corre verso la Regina, si pone la spada tra i denti, e cingendo del braccio diritto la moglie, del manco il figliuolo, li porta fuori della stanza.
Un Cavaliere, avvenente di forma, comechè vestito di ferro da capo a piedi, quel desso che aveva salvato su la piazza la dolorosa dalla rabbia del soldato, si accosta a Yole, e le porge la destra; – si tinge di rossore la modesta, e sdegnosa repugna; – le si avvicina il Cavaliere, e le dice una parola.
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