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      – Queste opinioni stanno qui con la medesima convenienza dell'orazione di Tizio nell'Inferno, che conforta gli eternamente perduti ad apprendere giustizia: non v'è cera che turi le orecchie all'umana imbecillità; elleno stanno aperte alla prima Sirena che voglia susurrare dentro di quelle la canzone della frode.
      Nè si presuma essere diventati in nulla migliori; siamo i medesimi di tre e cinque secoli passati, strascinanti di età in età la soma del vituperio sul basto della ignoranza. Mancano i fatti nequitosi? segno è che manca chi inciti, non gli animi, non le voglie pronte a commetterli; imperciocchè la più parte di noi non abbia nemmeno volontà propria a mal fare, e penda sospesa ai confini del vizio e della virtù, aspettando la spinta per traboccare: quindi è che io non ho mai avuto in iscopo di predicare al deserto, tentando di migliorare i miei simili, – no; possa l'anima mia diventar quella di un avvocato, se mai ho avuto in pensiero cosa sì fatta: ciò che ho scritto, scrissi per dimostrare altrui che so, come dicevano i nostri vecchi Fiorentini, quanti piedi entrano in uno stivale, e distinguo i bufali dall'oche, e che, quando la cerco, mi ritrovo anche io, e non capisco il come, una testa rotonda sopra due spalle quadre.
     
     
      CAPITOLO VENTESIMOSETTIMO.
     
      LA NOTTE DOLOROSA.
     
      Un angioletto con le man di roseChiuse gli occhi infelici in tanta angoscia.
      San Benedetto.
      Tristo è il regno delle tenebre, tristo quanto i pensieri del Re fuggitivo. – Nei lunghi anni del fastidio della vita, avviene talvolta al decrepito di revocare alla mente il riso della perduta giovanezza, – però che non vi sia secolo di affanno che non contenga il suo minuto di gioia; – allora il sangue gli si squaglia, meno languide gli battono le arterie, gli si infiamma la faccia di un crepuscolo di rossore; quando all'improvviso su la bocca del sepolcro, ov'ei schifosamente si appiglia, lo assale più feroce che mai la immagine della morte, e gli gela la speranza: così lo spirito di Manfredi in quella notte memorabile, se ricorreva sopra alcune delle passate vicende per ricavarne sollievo, di subito la pienezza delle sventure presenti, il timore delle future, lo sconfortavano; a lui avevano tolto i destini anche il bene della lusinga!


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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