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      Corre fama che Manfredi sognasse il giorno del Giudizio finale, e che tratto innanzi all'Eterno Vendicatore sentisse le sue colpe traboccare dalla lingua per accusarlo, e ch'egli nello spaventevole caso facesse schermo con le mani, perchè non uscissero: miserabile! Dio dove era quando ei le commise?
      Chi temerario ardisce avvicinarsi ai dormenti Reali? È odio, è amore, che conduce i suoi passi? Egli si accosta furtivo, come l'animale che la natura provvide di frode: – ma è la prima volta che la virtù ha tolto la forma del vizio? la prima, che la innocenza fu sospesa con un capestro in alto, perchè servisse di esempio ai popoli? Il Cavaliere si accosta cauto, sommesso; punta su la terra il calcio della lancia, vi si appoggia con la gravità del suo corpo, e si ferma a vedere. Oh! bello splende il viso di amore quando il sogno leggiadro lo accarezza con l'ultima piuma delle sue ale; bello quando la speranza gli si diffonde intorno, come una atmosfera di profumo; bello quando le labbra gli tremolano nel brivido della gioia: allora i poeti fantasticano dell'alito delle Grazie che gli sommuovano i capelli, perchè ad ogni soffio di vento variando forma appariscono più vaghi; e fingono Silfi invisibili, i quali si aggirino per l'aria alternando arcana armonia, che orecchie corporee non distinguono, ma che scendendo soavemente nell'anima così la innamorano di quello incanto: altre e più gioconde cose essi immaginano, pure non vi ha poesia che giunga a narrare quello che suscita l'aspetto della bella addormentata.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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