Levarono gl'innamorati un urlo di terrore, e anelanti si apprestavano a domandarne la cagione, quando li percosse uno scalpitare di cavalli sempre crescente, e un gran lume che veniva dalla via battuta che circondava la selva.
Siamo inseguiti!
– esclama Manfredi, e atteggiandosi a disperata difesa si pone a schermo dei suoi.
Siamo inseguiti!
– esclama Rogiero, e ricoprendo Yole del suo corpo, tenta col calcio dell'asta Ghino, che dormiva gagliardamente; questi si scuote grondante sudore, si pone le mani al collo, e tasta più volte.
Ah!
prorompeva tra lieto e pauroso "dunque non è vero che me l'abbiano tagliata? fu mal sogno quello che me la fece vedere confitta al patibolo?"
Ghino? i nemici....
– ripeteva Rogiero.
Ove sono eglino?
Là, su la via.
Io non vedo che lumi, Santo Ambrogio! i lumi non sono nemici; potrebbero essere anche amici; vado ad esplorare.
E balzando in piedi staccò l'elmo dal pino, se lo allacciò alla testa, prese l'asta, e s'incamminò fuori della selva.
Voi non andrete solo,
disse Manfredi "io vo' esser con voi."
Il ben venuto, Messere.
Nè io rimarrò:
parlava Rogiero "non siamo noi fratelli di arme, messer Ghino?"
E a voi pure ben venuto: andiamo con l'aiuto dei Santi: – fate piano, che il fanciullo non si svegli, e non prenda paura;
– ammonì passando presso Manfredino, e gran tratto di via percorse su le punte dei piedi: lo imitavano i sorvegnenti; Manfredi represse fino un sospiro che gli si levò dal cuore profondo.
Giungevano alle ultime piante della foresta; videro una grossa squadra di Saraceni che portando moltissimi arbusti di pino accesi spandevano quel chiarore: guardarono più attenti, e riconobbero l'Amira Sidi Jussuff, e il Conte Giordano d'Angalone, che, montati sopra corsieri di battaglia, s'inoltravano abbattuti, senza dirsi parola.
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