Sidi Cheik-Alì gli accolse nella sua dimora, e chiamava la figlia: venne la bella dall'occhio di gazzella, dal piè di cervo, vermiglia sì come il granato; a lei trascorsero gli sguardi, a lei i pensieri di tutti: fremevano di piacere alla vista dell'huris mortale. – Costei, parlò accennandola Cheik, non sarà per cui uccide il mio amico; sposo di mia figlia si dirà quello che nella vicina battaglia ucciderà il mio nemico. – E sparve Zulema, e con essa la luce dagli occhi dei giovani. – Là presso la rupe che adesso chiamano di Sorlone, il primo albore del giorno vide due cavalieri in agguato; si avanzarono i Normanni, gli precedeva Roberto, splendido di armatura di oro, e di piume rosse; gli si avventarono i due cavalieri nascosti: – il sangue di Sorlone ha dato il nome alla rupe.
Chi dei due l'uccise, Ibrahim o Rhèdi?
domandarono a un tratto Jussuff e Ghino, che attentissimi ascoltavano.
Ambedue lo ferirono. Rhèdi rimase sul campo; Ibrahim tutto sanguinoso tagliò la testa di Roberto, e senza pure fermarsi a fasciare le ferite corse a deporla ai piedi di Zulema; quivi cadde, e andò a dimorare co' suoi maggiori. Pe' savii della guerra fu dichiarato vincitore Ibrahim.
Furono ingiusti!
esclamò Ghino "pari il coraggio, pari la gagliardia; un dito di ferro che più o meno s'incarni, non vale a distinguere il prode."
Tu hai proferito la parola del savio,
fissandolo con lieta faccia disse Jussuff a Ghino; "io consento teco...." "Ed io te ne dirò delle altre, se tu vorrai ascoltarle: tu devi, se sei quel Cavaliere dabbene che affermi, e pel quale ti tengo, donare la tua querela al Re Manfredi; il prò di tutti anteponi al tuo: che cosa pensi che sia il malvagio? un uomo che procaccia il suo bene col danno altrui.
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