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      Non v'è braccio che si levi per lui: – il pianto dei desolati, che si smarrisce nell'urlo della vittoria, adesso solo, insistente, gli si addensa su l'anima. Se tra lo avvilimento di essere tratto in trionfo dietro il carro del vincitore, e la morte, ha scelto lo avvilimento, meno che rettili furono coloro che lo sopportarono, e la corona cadde su la sua testa come l'embrice su quella di Pirro. Non si sgomenta allo insulto dei codardi che accorrono quasi a festa per riparare all'ombra della grande caduta? – Non lo tormentano gli scherni dei traditori? – Al confine della sua meditazione non vede una vendetta di sangue, una giustizia sul taglio della spada nemica? – Il vincitore teme Dio, – non lo ucciderà: conviene all'uomo dal quale pendevano milioni dei suoi simili gustare l'amarezza di anelare dubbioso per lo suo stesso destino? – L'ora di passione è trascorsa; – mezza eternità non varrebbe a compensarla!.... egli vivrà; – ecco la vita: – fisso sopra un diadema, che non ornerà più le sue tempie, nè quelle dei suoi figli, struggersi al suo fulgore a mano a mano che si accosta al tramonto della speranza, sì come il fiore, che fu ninfa, alla vicenda quotidiana dell'astro che ha cessato di amarla103: – avventarsi contro i ferri della carcere, e morderli, e insanguinarli, e stramazzare rifinito di forza nella disperazione della impotenza; – i suoi pensieri sono l'avvoltoio che gli divora le viscere; – teme ogni cibo; – non beve liquore se prima non lo abbia speculato traverso la luce; – non avventura un passo, se non tenta il luogo dove gli è forza posare il piede; – lo spaventa la propria ombra.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Pirro Dio