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      ...104 che il cielo sia pio di riposo alla cenere del guerriero! dovea egli, – lo immenso, che aveva riguardato l'universo da tale una altezza, che appena a mente umana è concesso immaginare, – lasciarsi cadere sì basso? A lui stava morire per la spada dei valorosi, o per la perfidia della paura. – Non si aspettava a questo105? E che? colui che indagava schernendo i vizii degli uomini, e li toglieva a fondamento della propria potenza, doveva affidarsi alla virtù? Nell'Isola, dove, nuovo Prometeo, lo incatenava un odio profondo, ogni giorno lo infiammato pianeta gl'insegnava come doveva morire l'uomo, che non aveva conosciuto pari sopra la terra, però che quivi il sole, non come nei nostri climi, sia accompagnato dal mesto crepuscolo, ma comparisca improvviso nella pienezza dei raggi sul firmamento, ed improvviso lo abbandoni allo impero dell'ombre106. – Chi sa quante volte lo austero contemplando l'esempio solenne piegò vinto la faccia, e mormorò parole di dolore su la perduta occasione! – Oh! se, cadendo, in lui non fosse scomparso l'eroe! Oh! s'egli stesso non avesse svelato il segreto che il suo cuore era composto di creta come negli altri figliuoli di Adamo! Se la curva della sua vita non impallidisse al tramonto, e sfolgorante di luce si perdesse nel silenzio dei secoli, – qual nato di donna potremmo noi assomigliargli? – La Sapienza che governa il creato forse volle mostrare con la vicenda solenne gli estremi dove può suscitare e deprimere un'anima immortale? Se così è, mi spavento, perchè l'ultima azione di Colui, che poteva numerare con le vittorie i suoi anni, la gente maravigliata non distingue ancora se deve attribuirla a costanza, o a viltà107.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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