Così favellava Carlo, insolente per arte e per natura, Un Cavaliere del séguito di Giordano, il quale teneva lo scudo traverso del petto a bello studio, affinchè meglio si vedesse, e su lo scudo mostrava il fulmine, che, cadente dalle nuvole, abbatteva una torre, col motto da man celuta scende; il nostro Ghino insomma, il quale si era fatto aggiungere all'ambasciata, e per disprezzo, od anche per iattanza (imperciocchè questa sia il pelo vano della bravura, come il timore della prudenza), portava quella insegna, onde i Cavalieri francesi riconoscessero in lui il vincitore del torneamento di Roma, mal comportando il superbo parlare esclamava: "Sire Conte, da quel valente uomo che siete, accettate la tregua, che in verità io vi giuro sarà per voi tanta vita trovata."
Che cosa favella quel membruto, che, se mal non vediamo, ci pare il vincitore del torneo di Roma?
domandò Carlo ad alcuni suoi Baroni.
Egli brava, e minaccia....
Egli brava!
O sire Conte,
aggiunge Ghino "da quel valente uomo che siete, accettate la tregua, perchè non sempre troverete traditori che vi lascino il passo, non sempre i Saraceni che abbandonino il posto, nè Benevento,..."
Bel Cavaliere,
favellò Carlo facendosi presso a Ghino "tu dunque ci prometti una battaglia prima di entrare in Benevento?"
Cavaliere di ventura, pensi ch'io mi sia aggiunto ai tuoi nemici per vederti trionfare?
Nè più gradita, nè più cortese ambasciata potevi farci di questa; abbine in guiderdone questo nostro stocco....
Mi basta il mio per ucciderti, Conte; – me lo trasmise mio padre, come a lui lo aveva trasmesso il mio avo: noi Italiani non abbiamo costume di tenere molte spade, perchè non siamo usi a renderle.
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