... Mia diletta, tu riparerai, come o piace, in Epiro presso tuo padre, o in Aragona alla Corte di Piero: certo tu avrai perduto la corona, perduto me tuo consorte, che avresti amato anche senza corona; – ti rimarranno i figli. – i figli, Regina, sostegno ai tuoi anni cadenti, consolazione delle passate sciagure; – il sapervi salvi anche dopo la mia morte, m'invigorisce lo spirito. Or via, un abbraccio... non piangete così... voi non conoscete s'egli sia l'estremo. Dio solo lo sa.
Poi si sciolse dagli amplessi loro, parlando a Giovanni di Procida: "Abbilo fermo, a Manfredonia; nè finchè giunganti galere di Catalogna, o di Grecia, nè per minaccia, nè per prego...."
Rogiero, il quale, finchè Manfredi stava stretto nelle braccia dei suoi, era rimasto immobile, forse quattro passi discosto, adesso osò sollevare gli sguardi, e muovere un piede: tentò parlare, – le parole uscivano imperfette, tremolavano i labbri convulsi; lo guarda Yole fisso fisso senza battere palpebra, con le pupille smarrite pel bianco dilatato in terribile maniera; tenta anch'essa rispondergli, si affollano le voci alla gola, vi lasciano l'angoscia dello sforzo, e tornano a gravitàrle sul cuore; riprova: – ogni potenza dell'anima, ogni facoltà del corpo è impiegata in quel conato; le vene che le errano su pe' cigli, e per le tempie, sporgono turgide, e di colore di piombo; la faccia va tinta di un sangue rappreso; tutta la vita sembra debba sgorgare in que' detti; soccombe la natura allo sforzo inusitato, un lungo strillo strazia le orecchie, e il cuore dei circostanti; – Yole bianca, sciolta nelle membra, stramazza come statua percossa dal fulmine.
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