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      I Tedeschi, a mal grado che il d'Angalone contrastasse, tratti dall'ingordigia della preda, rotti gli ordini, presero, come sicuri della vittoria, a sbandarsi qua e là per fare sacco; erravano i cavalli in balia di sè stessi; i cavalieri smontati si davano a frugare per le tasche dei morti e dei moribondi; a rapire di su le armature gli ornati che stimavano preziosi, adoperando le spade a guisa di leva; taluno, imprimendo la rapace mano sopra i cadaveri per isvellerne panno o corame che accomodasse ai suoi bisogni, così rabbiosamente trasse, che panno, corame, e pelle strappava a un punto; molti anche, non potendo cavare le anella dalle dita dei morti, tagliarono le dita, e non aborrirono riporsele in seno, – tanto si palesa schifosa l'umana cupidigia! – In questa, Ghino e d'Angalone si affaccendavano, e a calciate di lancia battendo il dorso ai ribaldi: "A cavallo, ghiottoni!" esclamavano, "a cavallo!" – I battuti, intenti al guadagno, o non sentivano le percosse, o correndo più innanzi scrollavano un po' le spalle, e tornavano a far peggio. "Adesso scendiamo, cugino," disse il Monforte; e Carlo montando a cavallo: "seguitemi, Baroni;" favellava ai suoi "voi vedrete il mio cimiero dov'è più gloria a conseguire; voi, Guido Guerra, rammentate ai vostri, che vincendo a Benevento ricuperano la desiata patria." – E si slanciò alla pianura.
      Un corriero spedito dal Conte Lancia si presenta a Manfredi, e gli dice: "Messere lo Re, abbiamo vinto."
      Il Re, levando gli occhi al firmamento per un pensiero che spontaneo gli si suscitò in mente di ringraziare il Signore, vede la schiera di riscossa francese che stendendosi sul pendío della collina del Roseto dechinava al piano, e ordina al corriero: "Va, va, torna a Giordano, e digli che si guardi, perchè non abbiamo anche vinto.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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