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      Mongioia!" – E fu il primo a passare.
      Fate testa, avanti! – fuggirete chi avete in prima fugato? – Manfredi vi guarda, – vincere o morire, – Svevia! Svevia!
      avevano un bel gridare Ghino e Giordano; i soldati andavano a ritroso, la paura si era cacciata tra loro. Il Monforte imperversava più fiero degli altri: montato sopra un forte cavallo normanno, menando a destra e a sinistra la mazza d'arme, faceva aspro governo della gente di Manfredi; l'osservò Ghino, e lo conobbe dallo scudo, che dopo il torneamento di Roma deposta l'insegna della Italia rovesciata riassumeva quella di sua famiglia, che mostra tre sedie rosse all'antica in campo di argento. – Non dette l'animo al buon Toscano di contemplare lo strazio, toglieva la lancia ad uno dei suoi, e correndogli addosso gridava: "Guardati, che sei morto."
      Il Manforte schivò il colpo, e quando Ghino fu trascorso gli trasse dietro la mazza d'arme, ma non lo colse. Ecco che Ghino, riabbassata l'asta, sprona di nuovo contro Monforte; questi con fermo volto, e col cuore tremante, attendeva a ripararsi, allorchè un suo scudiere si precipita alle spalle di Ghino, e lancia una zagaglia, che passando là dove la panciera si unisce all'usbergo penetra sotto l'ultima costa spuria, e ferito a morte lo stramazza per terra.
      Da vero, Raul,
      parlò sorridendo Monforte al suo scudiero "il Cavaliere che hai ucciso era prode uomo, nè meritava morire a tradimento; nondimeno ben per te, chè uomo spento non fa guerra, e odore di nemico morto manda odore di rosa.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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