– Allora che assaltiamo, non vincere significa perdere, e Carlo oggimai conosceva, per quella ostinata resistenza, disperata l'impresa; l'animo contristandosi però non si smarriva, anzi più acre per la sventura meditava lo scampo. Sovente osservammo, l'uomo sfortunato diventare maligno, e commettere nel disastro tal fatto, cui egli non avrebbe pensato nel tempo felice. Questo appunto avveniva nel caso presente: ricorse alla frode il figlio di Francia, e rompendo ogni patto dal diritto delle genti costituito in quella età, inteso solo ad apportare il maggior male possibile al nemico, ordinò che prendessero a ferire i cavalli: fu cotesto comando contro la fede che scambievole si davano i due popoli guerreggianti su la forma del combattere; ma la vittoria assolve ogni peccato commesso per acquistarla, e se Grozio sentenziò, – doversi serbar fede ai nemici, e recare loro il minore male possibile, – crediamo che lo dicesse di luglio, nè lo avrebbe confermato di gennaio.
Propagavasi il cenno di Carlo per tutte le file, da ogni parte sorgeva il grido: "Agli stocchi! agli stocchi! e ferire i cavalli." – Ponevasi immediatamente in esecuzione; la prima fronte del Lancia innanzi che avvisasse a difendersi si trovò scavalcata; il Lancia medesimo ebbe morto sotto il cavallo; gli abbattuti si ripiegarono in disordine su le schiere che stavano a tergo; si aprirono queste per preservarli; – gli accoglievano; – solo infelici, che siccome raccolsero i compagni non poterono ributtare gli avversarii; – entrarono alla rinfusa; la francese gagliardia. fatta maggiore per la speranza della vittoria, menava le mani a precipizio; non mancarono in quell'estremo frangente a sè stessi i soldati del Re, pari era il valore, disuguale la condizione.
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