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      Dalle mie mani fu versato quel sangue, sul quale adesso sdrucciolando giaccio per sempre; il mio trono grave di una morte nefanda m'è rovinato sul capo, e meco infrange la mia famiglia.... Vedi, e fremi, Frate, ma non fuggirmi in nome di Dio.... vedi in Manfredi l'assassino dell'imperatore Federigo....
      Tu parricida!...
      Parricida!
      – e per lunga ora nessuno ebbe coraggio di schiudere il labbro. – Ricominciava Manfredi: "Sì, non parlare, tu non diresti parola che la coscienza non me l'abbia mille volte ripetuta: nè presumere che la tua lingua laceri quando mi ha lacerato costei.... Se possono i rimorsi espiare le colpe.... oh! tremendo fu il mio peccato, ma senza pari il rimorso. Correva la notte del 13 decembre, giaceva l'Imperatore ammalato.... io mi sedeva accanto al suo letto.... la clamide e la corona imperiali, posavano sopra una tavola poco discosto da me.... mi assaliva il Demonio; i miei occhi si affissarono su la corona, pensai al potere, pensai alla conquista.... vidi Re vinti, nazioni debellate ai piè del mio trono.... osservai entro i secoli futuri, ed ogni secolo mi svelava il mio nome luminoso di fama.... più mirava i gioielli che l'adornavano, più mi pareva che splendessero.... stesi le mani per afferrarla.... ahi! le rattenni a mezzo l'atto.... quantunque io mi stessi tra Federigo e il diadema, nondimeno la vita dell'Imperatore stava tra me e la corona; mi si intenebrò l'anima, guardai mio padre, – dormiva, – un lieve alitare accennava la vita.... Togliti, o morte, invocai dal profondo, cotesto avanzo di vita!


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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