... voltai la faccia.... balenò un pensiero traverso il mio cervello, e tornò nell'Inferno.... se l'origliere, sul quale posa la testa dell'Imperatore, gli posasse sopra la testa.... non sangue.... non isguardo.... Balzai dalla sedia.... tremavano le gambe.... tremavano le braccia.... grondava sudore.... tutto il mio corpo era delitto.... m'abbandonava sul letto.... strappo di sotto l'origliere.... e.... e percuotendolo nel volto.... mi inginocchio sopra di quello.... io.... Manfredi.... consumo il parricidio.... e le mie membra si atteggiano in sembianza di colui che scongiura l'Eterno."
Manfredi vinto dalla fiera memoria si abbandona sì come spasimato; poco ormai gli rimaneva di vita, e pure lo affanno più profondo che avesse sofferto doveva amareggiargli quelle ultime ore: stendeva, appena rinvenuto, brancolando le mani, nè occorrendo nell'oggetto che ricercava proruppe: "Ahi! che s'è fuggito il Frate.... lo ha cacciato il racconto...."
Non mossi membro, non ho mutato fianco, Re;
di una voce soffocata risponde il confessore.
Non hai sentito drizzarti i capelli su la fronte?
Prosegui ad accusare i tuoi maggiori delitti....
Maggiori! Non ti fa fremere, Frate, il parricidio?
Il mondo non ha reato che valga a illanguidire un momento, o ad accelerare i moti del mio polso... confessa... confessa.
Te non nudrirono dunque i precetti del Vangelo? Non accusa a Frate le sue colpe Manfredi?
Anima innocente venni tra gli uomini, si compiacque la madre del gentile portato, incessanti suonarono le grazie di mio padre pel virtuoso figliuolo; amai nell'aurora avventurosa dei miei giorni ogni oggetto creato, il buono perchè buono, il malvagio perchè poteva diventare buono; mi avvelenava un codardo la vita, sul cammino della perdizione mi spingeva, – io l'ho percorso: – la tua confessione non poteva ascoltarla, che un demonio, e tu, Re, mi rendesti demonio.
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