Tornati vani cotesti esperimenti, cominciarono a vellicarlo nelle parti più delicate del corpo, poi a inciderlo, a scottarlo, – e' fu l'opera gittata; – forse se il servo avesse súbito reciso il capestro, è da credersi che lo avrebbe salvato; il tempo che lo rattenne il mastino conchiuse per certo la vita allo infelice Caserta. Se caso fu quello che punì Rinaldo del tradimento commesso contro Manfredi con la fedeltà del suo cane, bisogna dire che il caso talora è più sapiente della giustizia: se poi destino dei cieli, che stranamente bizzarra era la pena. – Angiolo di Costanzo nella Storia del Regno, desiderando purgare la fama del Conte Rinaldo, racconta, ch'essendo stato avvisato da certo suo fante come il Re si fosse giaciuto con la Contessa, volendo procedere da Cavaliere, e seconda i termini dell'onore, mandasse segretamente, senza palesare il suo nome, a Roma, dove sapeva che appresso Re Carlo era il fiore dei Cavalieri di quel secolo, un suo famigliare, il quale propose avanti il collegio di quei Cavalieri, se fosse lecito al vassallo in tal caso insorgere contro il suo Re, e mancargli di fede: il che, come penseranno i lettori, fu deciso dai cavalieri, e letterati che venivano presso Re Carlo, non solo potersi, anzi doversi fare. Io per me nato popolano non conosco come il Cavaliere proceda, nè in che faccia consistere i termini dell'onore, ma penso che tradimento sia pur sempre tradimento; nefanda cosa mancare di fede a colui al quale si aveva in prima giurata: se male fece Manfredi, peggio aver fatto il Caserta; la scelleranza altrui non diminuire la propria, non compensarsi le infamie; che se ad ogni modo voleva vendicarsi Rinaldo, si vendicasse contro l'offensore però, non contro i popoli, nè col chiamare lo straniero ad opprimere la patria; – devono il pugnale, e il veleno, meno biasimevoli reputarsi di questa turpe vendetta.
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