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      Badando sempre con occhio obliquo la bestia, che malediceva in cuor suo, egli riprese:
      - La fama, che suona delle magnanime vostre imprese per tutto il mondo....
      - E per Roma....
      - Questo s'intende da se, caro lei, perchè Roma fa parte del mondo...
      - E per questo appunto io lo diceva...
      - E vi pareggia a Cesare...
      - A quale dei due, Reverendo, a Giulio o ad Ottaviano?
      - Questo non ispiega bene la fama; ma io mi figuro a quello che fece tanti regali al popolo romano in vita e in morte.
      - E sapete voi perchè egli poteva donare tanto?
      - Eh! mi figuro perchè ne aveva...
      - Certo, ne aveva perchè gli rubò da tutto il mondo; e questo debito è cascato addosso a noi altri nipoti, e ci tocca a pagarlo con le usure, vi dico io...
      - Ah! tocca a lei pagare i debiti di Giulio Cesare?
      - E voi siete venuto qui in mia presenza a paragonarmi con cotesto insigne ladrone di provincie e di regni?...
      Il Prete confuso malediceva l'ora, che gli venne in mente recitare una orazione di lunga mano composta: era meglio che avesse favellato, secondo il solito, così alla buona. Ah! - pensava - potessero farsi le cose due volte! - Poi tutto umiliato sussurrava...
      - Perdoni, per lo amore di Dio... io non credeva... avendo tolto a imitare la orazione di monsignor Giovanni della Casa a Carlo V... che...
      - Ascoltatemi, favellò il Cènci, deposto a un tratto il suono scherzevole, e assunto un cipiglio severo. Io sono vecchio, e voi più di me: però del tempo non ne avanza a me nè a voi: parlate dunque netto, e spedito. Tutte le cose lunghe mi vengono a fastidio, - anche la Eternità.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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