Pagina (78/814)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il dì sesto d'aprile, in l'ora prima,
      Del corpo uscìo quell'anima beata?(25)
     
      Ah! se la terra avesse sepolto a un punto la bella vesta delle membra di Laura e la memoria del suo amore, i tuoi canti suonerebbero esercitazioni di gaia scienza, eco delle canzoni dei Trovatori, gemiti mentiti di cuore bugiardo; e se così fosse, io ti compiangerei perchè avresti tradito i posteri, e te.
      Beatrice stava seduta sopra un verone del palazzo Cènci, che guardava il giardino: in grembo ella teneva un fanciullo, che dagli occhi, dai capelli, da tutte le sembianze appariva esserle fratello: ella gli accarezzava amorosa i capelli, e di tratto in tratto gli baciava la fronte. Il fanciullo riposa il suo capo sul seno della sorella, e affissa in lei le pupille immote, ma senza intenzione, a guisa di persona assorta nel pensiero di qualche cosa fuori di questo mondo. La infermità aveva appassito il fiore della giovanezza: la sua pelle era tenue, e candida di un bianco pallido e dilicato così, che i raggi del sole cadente gli tralucevano in vermiglio traverso le orecchia e le dita: talora sospirava, più spesso schiudeva la bocca con isbadiglio convulso: pareva un angiolo in pena. Beatrice sconsolata gli disse:
      - A che pensi, mio diletto Virgilio?
      - Penso, che sarebbe pure stata la grande carità non farci mai venire al mondo!
      - Ah! Virgilio...
      - E poichè a questo non trovo più rimedio, il meglio sarà uscirne presto.
      - Uscirne! E perchè?
      - E perchè restarci? Il mio cuore qui dentro è morto da tempo; e quando il cuore è morto, oh come pesa che gli sopravviva il corpo!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Laura Trovatori Cènci Virgilio