e mi diè così forte un pugno nel petto, che mi spinse giù a precipizio a percuotere col capo nello angolo dello armario, ch'ei tiene nel suo studio. - Francesco Cènci mi vide svenuto, e tutto intriso di sangue; - mi vide, e non mi rilevò. - Di qui la ferita; di qui la infermità, che mi consuma le viscere...
Beatrice rabbrividì, nè potè formare parola. Il fanciullo con passione crescente scuoprendo dalla manica un braccio scarno, e sporgendolo verso la sorella:
- Guarda, aggiunse, la traccia di questo morso. Sai tu chi me lo ha fatto? Nerone; e senti come. Un giorno io colsi in giardino una bella pesca, e dissi: andiamo ad offrirla al signor padre, che forse la gradirà. In questo pensiero mi avvio alla sua stanza, apro l'uscio, e vedo ch'ei legge. Timoroso di disturbarlo, mi accosto pian piano; quando Nerone mi si avventa addosso e mi morde il braccio: - io spasimava per dolore... mio padre rideva.
Il seno di Beatrice palpitava così, che parea volesse spezzarsi.
- E se Marzio non era, egli mi lasciava sbranare. Mira anche qui - e il fanciullo si spartiva i capelli al sommo del capo - vedi questa piazzetta? Manca una ciocca di capelli. Sai tu chi me gli ha strappati? Il padre mio. Poco dopo il colpo percosso dentro l'armario, col capo tuttora fasciato, preso dalla passione che mi affogava, mi presentai risoluto dal padre, e gli dissi: "Padre mio, in che cosa vi offesi? perchè mi odiate voi? Beneditemi in nome di Dio, benedite il figliuolo vostro, che vi ama". Egli, avvoltasi prima una ciocca dei miei capelli alle dita, mi rispose così; - senti bene, proprio così: "Se tu avessi il capo di zolfo, e le mie parole fossero di fuoco, io ti benedirei per bruciarti: va, vipera, perchè io ti odio tu devi odiarmi; io non so che cosa farmi del tuo amore, bastardo!
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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Cènci Nerone Beatrice Marzio Dio
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