Nè pittore mai nè scultore varrebbero ad effigiare cotesto portentoso simulacro, nè la parola lo può. La fanciulla appariva tale, da non sostenerne la vista: paragonarla al cherubino branditore di spada, che difendeva la porta dell'Eden dopo il peccato di Adamo, sarebbe dir niente; perchè come fosse quel cherubino noi non sappiamo: ella era quale si mostra anche oggi la vergine romana, quando rammenta che nasce del sangue di Clelia. Francesco Cènci ne rimase percosso; si pose estatico a contemplarla, lasciò calare la mano armata, gittò via lo stile; sentì per un momento placarsi l'anima. Beatrice anch'essa gittò lontano da se la spada. Il vecchio sporse verso di lei le braccia aperte, esclamando teneramente:
- Sei pur bella fanciulla!... Oh! perchè non mi ami?...
- Io? - Vi amerò... e gli si avventò al collo.
Il padre e la figlia si strinsero in religioso abbracciamento.
Ma il bene durava nell'empio vecchio quanto un baleno. Egli provava per un sentimento di umanità la paura stessa, che altri proverebbe per un rimorso. A un tratto ecco apparire i segni del parossismo del delitto: gli si corrugano gli occhi, le palpebre tremano di quel riso sinistro che faceva abbrividire; le palpa i capelli, il collo le stazzona e le spalle; baciolla e ribaciolla, e nello accostare la bocca al suo orecchio vi sussurrò dentro una parola...
Beatrice declina la faccia livida; si scioglie dallo amplesso del padre, si reca in collo il fratello giacente, e nel partirsi manda contro Francesco Cènci uno sguardo lungo - un fulmine di disprezzo - ch'ebbe potenza d'impietrire il sangue nelle vene a colui, che non temeva uomini, nè Dio.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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