Quello però che conosco di certo si è, che il Cristo di san Gregorio Magno per tutto il tempo che durò la vita di Giacomo Cènci si ostinò a non fare miracoli; ed ecco come andò la faccenda.
Fra Brancazio, (tale era il nome del Guardiano di Araceli) senza che faccia nemmeno mestieri dichiararlo, non donava mica il Cristo per nulla; all'opposto egli imponeva al donatario: primo, che restaurasse a sue spese la facciata della chiesa dei reverendi Padri Francescani in Araceli, il che fu adempito; secondo a rifornire la sacrestia di pianete, piviali, dalmatiche, ammitti, roccetti e simili altri arredi, ed anche questo fu fatto; terzo a fondare una messa quotidiana perpetua all'altare di san Francesco con la elemosina di un ducato, ed anche la messa quotidiana fu fondata: e così i dabbene Padri, avendo trovato il terreno morvido, presero ad avviarsi alla casa di Giacomo spessi ed oscuri, simili in tutto alla schiera delle formiche quando s'imbattono in un mucchio di grano lasciato su l'aia, e non rifinivano mai di cavargli di sotto ora questo, ed ora quell'altro benefizio: dandogli ad intendere, che per quanto ei donasse, già non presumesse risarcire il Convento per la perdita inestimabile del Crocifisso, davanti al quale aveva pregato san Gregorio Magno; imperciocchè, senza contare il pregio del dipinto, ch'era pure d'illustre magistero, gl'infiniti miracoli che soleva operare procacciavano elemosine abbondantissime, e reputazione di santità al luogo e a chi l'abitava non meno proficua.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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