Tempo perduto: tutto ella soffriva con rassegnazione, tutto ella presentava al sacro cuore di Gesù in isconto dei suoi peccati. Francesco, per non darsi della testa nel muro, cessò di perseguitarla, essendosi (cosa a dirsi incredibile) più presto stancato il talento di tormentare in lui, che in lei la pazienza: ond'è che reputandola stupida, la lasciò da parte come natura morta, che non merita essere straziata nè blandita.
Beatrice sola non lacrimava; teneva gli occhi fitti sul morticino, e immemore seguiva i passi altrui con moto macchinale.
Quando giunsero al catafalco Beatrice si recò lo estinto fanciullo nelle braccia, ed ella fu che con le proprie mani ve lo acconciò sopra, gli assestò i capelli, gli pose sul petto il crocifisso, e il mazzetto delle viole; poi, remosso alquanto uno dei candelabri, con la faccia declinata nel palmo della destra appoggiò il gomito sul canto della bara, tenendo sempre fisso lo sguardo sul morto.
Un famiglio puntava Beatrice con gli occhi come due lingue di fiamma, e talora trasaliva: il famiglio era Marzio.
Oltre i quattro rammentati, nacquero a Francesco Cènci tre altri figli; Cristofano e Felice, ch'egli mandò a studio in Salamanca, e Olimpia. Questa fanciulla, che destra era molto ed animosa, non potendo più reggere alle paterne persecuzioni scrisse un memoriale, dove espose molto accomodatamente i carichi del padre suo; e poi, nonostante il carcere domestico nel quale si trovava ristretta, seppe così bene industriarsi, che lo fece pervenire nelle mani di Sua Santità, supplicandola che si degnasse collocarla in convento finchè non l'avesse provveduta di onesto matrimonio.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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