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      Forse di troppo a me onrata fiamma,
      Così di fuoco ho la sinistra mamma,
      Che non ho refrigerio al fiero ardore.
      Mi nutrisco di pianto, e di dolore;
      E bench'io mi consumi dramma a dramma,
      Mi restaura il calor, che sol m'infiamma;
      Così mi ancide, e mi ravviva amore.
      Virginia il guardo onde tanto arso fuiEi tanto fisso nella mente siede,
      Che non posso pensar se non a lui.
      Se da voi non impetro hormai mercedeCenere mi farà, chè non di altrui
      Si può smorzar l'ardor che ogni altro eccede(50).
     
      Questo sonetto, che può considerarsi come un crimenlese di poesia, forse fu assoluto dallo amore, non da mia madre. Il giorno dopo, che il signor Gasparo glielo ebbe mandato in dono impresso sopra mantino rosso, egli venne, secondo la usanza, a visitarla, assente Francesco Cènci. La signora madre tostochè lo vide si levò in piedi; e, fattagli reverenza, con voce alquanto alterata prese a favellargli così: "Carissimo signor Gasparo; dopo la pubblicità del suo sonetto, speravo che vossignoria comprendesse come una gentildonna onorata non potesse riceverla più oltre; e poichè il suo buon giudizio qui le ha fatto fallo, non posso risparmiarmi d'insegnarglielo di mia propria bocca". Poi, mossa a pietà del pallore del gentiluomo, con suono più dolce aggiungeva: "Che sia benedetto, signor Gasparo; ma perchè vossignoria offre a me uno amore che, sposa altrui, non potrei partecipare senza colpa; mentre presentato ad una fanciulla da par suo sarebbe prezioso, e la colmerebbe di giubbilo? Giri, di grazia, l'occhio intorno, e veda come Roma sia copiosa di fanciulle per bellezze e per costumi rarissime; dirizzi a qualcheduna fra loro le sue fiamme pregiate, e viva pure tranquillo che saranno accolte, come meritano, più che volentieri".


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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