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      Giacomo si fermò - lo contemplò - piegò le braccia in croce sul petto, e con accento concentrato profferì queste parole:
      - Ecco; il padre mi perseguita a morte - la moglie mi rinnega - i figli, mi scacciano - la stessa natura rovescia le sue leggi per me, e il fantolino mi abborrisce come cosa, che lo istinto gli addita malefica. A questi fati non dovrebbe mai condursi l'uomo... ed io soffersi valicarne il termine estremo! A modo di tronco in mezzo alla via, io mi attraverso alla vita dei miei, ingombro odiato e insidioso. - A che più stai, anima sconsolata? Ora la tua partita giova a me e ai figli miei: - un giorno gli educai sotto le mie fronde, adesso la mia ombra toglie loro il sole:... velenose sono le rugiade, che cascano da me: - andiamo; - devo benedirli, o no? Vorrei... e non ardisco... No... chè le mie parole potrebbero, prima di scendere sul capo loro, convenirsi in maladizione. - Vita acerba, morte miserabile, memoria aborrita. - Tu, Dio, queste cose vedi? Le vedi, e le consenti? - Tu hai rotto la canna inclinata... ed io mi chiamo vinto... oh! oh!
      E così mormorando, con la morte nell'anima e le mani nei capelli, traendo dolorosi guai abbandona la casa. Chiunque lo avesse visto, e gli fosse pure stato nemico, avrebbe detto: "il Signore abbia misericordia di questo sciagurato!"
      La moglie, sebbene la procella continuasse a scompigliare il suo spirito, sentiva levarsi in cuore un'aura mite foriera di pianto appassionato, mercè la spontaneità dello amore mostratole dai suoi cari figliuoli; e se per questo le venissero mille volte più cari non è da dire.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Dio