- Se fossi Nerone, avrei giurato incendiare Roma una seconda volta.
I convitati guardavano l'un l'altro piuttosto attoniti, che atterriti; poi miravano il Conte, vergognando per lui che si fosse lasciato prendere dal bere soverchio. - Beatrice teneva declinato su la spalla destra il volto, pallido come la rosa appassita che le pendea dai capelli. Il Conte infernale con maggior lena gridava:
- Uno già ve ne ho sepolto: due altri a un tratto, la Dio mercè, mi è dato seppellirveli adesso: due stanno in mia mano, ch'è quasi giacere nel sepolcro: ci avviciniamo al termine. Dio, che mi compartisce segni così manifesti del suo favore, vorrà certo, prima che io muoia, adempire al mio voto.
- O Conte! avreste bene dovuto scegliere argomento di scherzo meno lugubre di questo.
- Egli è pure il tristo vezzo ridere mettendo spavento!
- Rido io? Leggete....
E cavatesi dal seno alcune lettere, le gittò sopra la mensa.
- Leggetele.... esaminatele a bello agio; - chiaritevi di tutto; io ve le ho date apposta. Voi apprenderete come due altri dei detestati figli sieno morti a Salamanca(61). Come sono eglino morti? - Questo a me non importa niente; - quello che mi preme moltissimo si è, che sieno morti, chiusi, e confitti dentro due casse di quercia come ho ordinato di fare. - Adesso pochi più scudi mi avanza a spendere per essi, - e questi spendo volentieri.... due ceri.... due messe.... se fossero carrette di calce viva, e le anime loro potessero restarne scottate.... io ne farei gettare sopra la fossa loro anche due mila.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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