Lodar si debbe, e mi par che sia quelloDa scriverne in volgar, greco, e latino.
GAB. SIMEONI, Cap. dell'Asino.
E Verdiana si era fatta venti volte alla finestra; altrettante si era posta ad annoverare i passi, che secondo i suoi calcoli la canonica distava da Roma. Scese sul prato; e comecchè tremolante su le gambe, si stese boccone, ed accostò le orecchie a terra per udire qualche lontano rumore, che le annunziasse il ritorno del Curato; - niente. Sorse, cantò le litanie, lo stabat Mater recitò dieci volte il rosario, e poi si spazientì.
- Oh! vedete, borbottava, quanto mai tarda quel benedetto uomo stamani.... ma che stamani? Ormai è passato vespro, e qui la minestra diventa tutta una pania. Io per me non so chi mi trattiene da desinare sola; e se poi giunge, e non potrà mangiare, suo danno. Ma forse sarà trattenuto da qualche faccenda.... o forse qualche malanno sarà capitato addosso a Marco (Marco era l'asino che cavalcava il curato)... od anche al povero reverendo. Ahimè! meschina, che cosa io vado immaginando? E perchè non potrebbe essere questo? Se male può incogliere a Marco, non ci è ragione perchè non possa succedere anche al curato. Santissima Vergine! pur troppo in fatto di disgrazie non corre differenza alcuna fra Marco e il Curato, e per tutti, o vogli uomini o vogli bestie, elleno stanno sempre apparecchiate come le tavole degli osti.
Qui tolse i suoi ferri dai quali pendeva una calza mezza fatta, e si mise a proseguirla con molta prestezza; ma chi l'avesse osservata poteva accorgersi di leggieri, che nella sua mente si formava un pensiero dolente come nei suoi occhi adagio adagio andavano crescendo due lacrime, e le lacrime e il pensiero proruppero in un medesimo punto; però che gittando smaniosa da parte e ferri e calza, esclamò:
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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