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      - Sicuro eh! se qualche disgrazia fosse avvenuta a cotesto povero uomo, non avrebbe altrimenti bisogno di calze nè di solette.... E perchè non ne avrebbe più bisogno? o che forse tutte le disgrazie rendono inutili le calze?
      E qui stesa la mano riprendeva i ferri, cacciandone uno dentro al bacchetto.
      - E poi, proseguiva, o morto o vivo, le calze a qualcheduno saranno sempre buone...
      Intanto riponeva in tasca il gomitolo del refe.
      - Buone per qualche poverello di Dio,... ed anche per me...
      Diciamolo a gloria del vero. Verdiana aveva pensato a se dopo il curato e la sua cavalcatura, dopo il prossimo, dopo di tutti; la sua carità si era estesa fin dove poteva estendersi, e dalla periferia ritornava al centro. Per altra parte col medesimo amore d'imparzialità dobbiamo aggiungere, che le sue mani non si erano mostrate mai tanto sollecite come quando ebbe avvertita la probabilità che le calze potessero rimanere per se.
      Allo improvviso l'aria dintorno rintronò dei ragli di Marco. Verdiana corse alla finestra, e di là dalla siepe le comparvero entrambi i cari capi del Curato e dello Asino: non già che volesse mettere l'uno a fronte dell'altro; Dio ne liberi! Ma alla fine se al curato non potevano negarsi meriti grandi, anche l'asino aveva i suoi; e per di più il curato, come Marco, non aveva bevuto la luna.
      Bevuto la luna? Così almeno crederono un tempo in casa del curato, e fuori; poi per le persuasioni di lui Verdiana incominciò a concepirne qualche dubbio; ma in quanto a Giannicchio non ci fu verso a farlo ricredere, e lo avrebbe giurato anche sotto la corda.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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