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      i risi, i pianti di tenerezza, i parlari confusi, e simultanei erano una pazza cosa. Marco anch'esso si sentiva commosso come gli altri; non affermerò che ancora egli piangesse e ridesse, quantunque con l'autorità di scrittori gravissimi io potrei sostenere anche questo, e la commozione interna egli manifestava con voce potente a superare ogni altro grido. Marco era il Lablache di cotesto coro. Don Cirillo lo liberò dalla sella e dalle bisacce, senza avvertire se fossero vuote, o piene. Giannicchio prima di tutto lo abbracciò e lo baciò; poi lo stregghiò, lo lavò, gli rinettò la coda dai pungitopi e dai pruni. Verdiana gli apparecchiò paglia fresca ed erbette; anzi volgendo gli occhi da un lato dell'orto vide un magnifico cavolo cappuccio, che pareva un senatore: stette fra due se lo dovesse serbare per una minestra di riso pel curato, o darlo a Marco; ma vinse amore per questo, e risolutamente lo svelse, lo lavò, e lo sminuzzò nella mangiatoia di Marco. Era il ritorno del figliuolo prodigo, ed ella uccideva la vitella grassa. Cotesto giorno, si può dire che l'Asino facesse pasqua.
      E per Asino, bisogna aggiungere, che Marco ebbe in cotesta solennità convivale quasi gli stessi onori di papa Bonifazio VIII al banchetto della sua incoronazione; conciosiachè se lui servirono due re, l'Ungherese e il Siciliano, in regio ammanto, e la corona in capo, il Curato e Verdiana ministrassero a Marco. Vero è bene che il curato non vestiva il piviale; ma in compenso Giannicchio gli fece da coppiere, conducendolo alla pila dov'egli già bevve la luna.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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