La corte urlava anch'essa gridando: ammazza! ammazza! ed io zitto rasentava il muro, e menava colpi che non davano luogo neanche a un sospiro: - mi feci largo.... e via per quanto le gambe mi aiutavano. Andava premendo appena dei piedi la terra, perchè, come sapete, chi corre corre, ma chi fugge vola; e nonostante ciò due sbirri, certamente lacchè smessi, mi stavano alla vita come levrieri: l'ansare di costoro mi sollevava i capelli dietro le spalle, più volte mi strisciarono con le mani le vesti. Svolto un canto, e sempre via; ne svolto un altro, e un altro poi: incominciava a sentirmi il fiato grosso; ma essi pure erano stanchi, e uno più dell'altro, perchè non mi percuoteva uguale lo strepito delle loro pedate. Allora mi sovvenne la storia di Orazio il prode paladino; e parendo a me, che mi avessero accompagnato oltre il dovere, mi fermo, mi volto allo improvviso, e dico addio a quello che mi stava più addosso con una pistolettata in mezzo del petto. Costui girò tre o quattro volte come il cane che si corre dietro alla coda, e poi dette del naso in terra. L'altro capì subito che io intendeva prendere congedo da loro, ed a sua posta, prima di allontanarsi, mi sparò un saluto di un'oncia di piombo, la quale strisciandomi il capo mi ha toccato l'orecchio sinistro, - Non per questo cessai di correre: dopo buon tratto mi fermai speculando attorno per conoscere ove io mi fossi, e mi trovai per avventura presso alle vostre case. Tornare sopra la strada percorsa era perdermi, però che fino a questa parte mi venisse il rumore lontano del brulichìo del popolo commosso, come fanno le acque del Tevere nelle pigne di ponte Santo Angiolo.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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Orazio Tevere Santo Angiolo
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