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      - E si allontanava piangente, tanta pietà lo vinse vedendo il misero stato in cui si trovava ridotta Beatrice. - Tutto assorto in cotesto pensiero stava per uscire dai sotterranei, quando gli risovvenne del lamento udito nella notte decorsa; rifece prestamente i passi, ma non udì più nulla: allora prese a percuotere lieve lieve gli usci che gli si paravano davanti, ed ecco ad un tratto ricominciare il pianto più doloroso che mai.
      - Ahimè! Muoio di fame - muoio di sete; così non aveva da essere... impiccato a suo tempo, andava bene; io ci aveva fatto il mio assegnamento sopra... ma confessato, e comunicato; - col cappuccino accanto... ogni cosa secondo le regole...
      - Chi sei? Rispondi, e fa' presto...
      - Eccellenza, oh! non lo sapete chi sono io? Apritemi, per carità, che io mi sento voglia di mangiarmi le mani...
      - Rispondi breve, ti dico, o che io ti lascio.
      - Sono un uomo che ha conto aperto con la giustizia; ma in verità per bazzecole... nel rimanente bandito onorato, e soprattutto fedele: mi chiamo Olimpio. Qui mi ha chiuso il Conte Cènci; da due giorni, credo, perchè qui non vedo quando sorge, nè quando tramonta il sole; promise tornare, e lo aspetto ancora. Deh! se tu sei cristiano battezzato dammi un po' d'acqua... un po' di pane... un po' di lume... in carità.
      - Orribile! Far morire un cristiano di fame, e senza sacramenti! L'anima di cotesto scellerato è come l'inferno, di cui non si trova mai il fondo. Olimpio, per ora non posso aiutarti: abbi pazienza, presto tornerò per te; adesso mi manca la chiave.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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