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      Un singulto, e basta. Poi la pestò, in vendetta del calcio ignominioso, come si pesta l'uva. Venuta la notte ci comandò portassimo il cadavere a piè della Querce della Vergine, e noi lo portammo, perchè chi mangia il pane altrui ha da obbedire. Il Conte ci tenne dietro con la lanterna; e quando avemmo depositato supino il cadavere sopra la terra egli cavò il coltello, lo rimise dentro alla ferita, e pigiando forte ne conficcò la punta nelle zolle. "Quando verrà tuo marito, esclamò il Conte, tu gli racconterai ancora questo". Udendo ciò m'invase il furore, nemico sempre al buon fine dei concepiti disegni, e gridai al vassallo: "va dunque, avverti il tuo padrone che il marito di Annetta Riparella è ritornato, e che stanotte lo visiterà in casa sua com'è dovere". E non mancai alla promessa, perchè, sovvenuto dai più arrisicati fra i miei compagni, assaltai la ròcca, saccheggiai ed arsi il palazzo. Bruciai il covo, ma la volpe si era salvata. Il Conte non avendo forza da resistere, partì subito a precipizio; e tanta fu la fretta di cansarsi di là, che penetrato nella sua stanza io rinvenni sul tavolino una lettera a mezzo scritta(87). Se mai un giorno andrete alla ròcca, voi potrete vedere i segni della mia vendetta impressi col fuoco sopra le muraglie. Che cosa mi avanzava nel mondo, e che cosa mi avanza adesso? Vendicarmi, e morire. Però avendo contato discretamente tutto il mio caso al signor Marco, egli lodommi molto nel partito preso, mi confortò a perseverarvi, e mi fece offerte da fratello; poi, comecchè malvolentieri, richiedendola io, mi dava licenza.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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