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      Davvero egli era oltre ogni credere vezzoso: rassomigliava al bambino Gesù dipinto dallo Albano, che dorme sopra una croce; e il figliuolo di Giacomo Cènci rendeva la pittura dello Albano anche per un altro motivo, imperciocchè la fortuna lo stendesse appena nato sopra una croce senza fine amara, come conosceranno coloro che vorranno proseguire la lettura di questa storia dolente.
      Il bandito considerando cotesta fronte purissima richiamava invano col desiderio i giorni nei quali, egli fanciullo, forse destò nell'anima di cui lo guardava un simile affetto. - Quando glielo tolsero per rimetterlo nella culla gli parve sentirsi uscire di mano la ultima tavola, sopra la quale aveva confidato salvarsi dal naufragio.
     
     
     
     
      CAPITOLO XVIII.
     
      ROMA.
     
      Or di tante grandezze appena restaViva la rimembranza; e mentre insulta
      Al valor morto, alla virtù sepulta,
      Te barbaro rigor preme, e calpesta.
      TESTI, A Roma
     
      Giacomo Cènci convitato a mensa da monsignore Guerra si ridusse a casa tardi nella notte successiva; e se a donna Luisa quella sua dimora soverchia fu motivo di affanno, il suo giungere non la consolò meglio; imperciocchè egli si dimostrasse pensieroso e mesto: ricusò vedere i figliuoli; si astenne perfino da baciare, come soleva, lo infante; anzi al vagire di quello tramutò visibilmente nella faccia. Postosi a giacere lo travagliarono sogni tormentosi, e fu sentito lamentarsi dicendo; è morto! è morto! Allo improvviso si svegliò esterrefatto; girò attorno torbidi gli sguardi, e, vistasi la moglie al fianco, l'abbracciò stretto stretto come soverchiato da interna passione, esclamando non senza lacrime:


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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