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      Altre volte egli aveva percorso le cinquantotto miglia che passano tra la città e cotesto feudo, in un giorno solo; ma adesso non vi era da contarci sopra, considerando da una parte la carrozza lenta a muoversi, e dall'altra le strade o sprofondate nella polvere, o dirotte pei poggi, e il caldo grande della stagione. Nei cariaggi il Conte aveva fatto riporre biancherie, argenti, di ogni maniera vettovaglie, e vini di più ragioni, fra i quali una fiasca di keres che aveva sopra la veste dipinta la data del 1550, raccomandando che ne avessero cura particolare.
      Beatrice, prima di entrare in carrozza, indirizzandosi al Conte gli disse:
      - Signor Padre, ho da parlarvi...
      - Silenzio; salite...
      E Beatrice, volgendogli supplichevoli le mani, di nuovo:
      - Signor Padre, uditemi per lo amore di Dio... ne va della vita vostra...
      Ma il Cènci, reputando coteste smanie sforzi per sottrarsi dallo aborrito viaggio, la cacciò di una spinta in carrozza, chiuse a chiave lo sportello, e fece abbassare diligentemente le cortine.
      Dato il cenno della partenza don Francesco salì con gli altri a cavallo, e tutti si posero in via senza dire un fiato. Cotesta compagnia, più che di cavalcata viaggiatrice, aveva sembianza di associazione di qualche illustre defunto. Uscirono dalla porta di San Lorenzo, e tenendo sempre la strada Tiburtina giunsero a Tivoli.
      Non poeta traversò la campagna romana senza cantare il tumulto degli affetti, e dei pensieri che destò nel suo animo la vista di tanti luoghi solenni per grandezza di antiche memorie, per decoro di fabbriche, e per desolazione moderna: solo che il cuore gli si commuovesse a pietà, spontanee e belle gli uscirono le parole dai labbri come le lacrime dagli occhi.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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