Pagina (342/814)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Tale era Orazio.
      - Ma la noia, Orazio, non conti nulla la noia?
      - Io la conto moltissimo; ma ella è un cilizio che si attacca alla vita di tutti: imperatori e papi la portano cucita fra la camicia e la carne; e vorreste non sopportarla voi per quattro notti, o sei? Noi fummo pagati, e bene; e questo, che duriamo, non è troppo travaglio. Così mi fosse avvenuto sempre, che non mi sarei trovato ad avere a venti anni i capelli bianchi!
      - Come bianchi! o non hai nera la barba?
      - Ma i capelli sono bianchi. - E qui Orazio levò una specie di cuffia, che gli cuopriva la testa intorno intorno rasente le orecchie, ed i banditi conobbero per la prima volta, com'egli non avesse capello che non paresse filo di argento; i sopraccigli poi e la barba si conservavano nerissimi. - Da venti anni in qua io diventai canuto.
      - Domine in adiutorium meum, esclamò un vecchio bandito; tu non saresti mica parente del diavolo?
      - Che io sappia, no.
      - Qui dentro ci è della fattucchieria, - ripresero gli altri spaventati.
      - Con licenza vostra, non ci ha che fare il Diavolo; ma un'Aquila grigia.
      - O come un'Aquila?
      E tutti gli si posero attorno. Orazio, sempre col capo scoperto, e godendo della paura dei compagni, che non cessavano di contemplare con maraviglia mista di terrore quei capelli bianchi, e quella barba nera, incominciò a parlare:
      - Ve lo dirò; in mancanza di vino, un racconto vi piacerà sempre meglio dell'acqua; n'è vero? Il padre mio, boscaiolo, morì come visse povero quanto San Quintino, che suonava a messa co' tegoli.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Orazio Orazio Orazio Diavolo Aquila Aquila San Quintino