Appena il vecchio masnadiero aveva cessato di favellare, che una voce sonora e argentina rompendo i silenzii della notte, portò agli orecchi dei banditi questa canzone:
Avventa le zanne,
Atterra lecciòli,
Nocciòli - corniòli,
Fa il bosco tremar.
- Non vi muovete, disse Orazio ai compagni, che entrati in sospetto già già ammannivano le armi: egli è l'amico nostro; il sordo-muto della Ferrata: egli non possiede in questo mondo nulla, eccetto voce e miseria; e la prima voi non potete, e la seconda voi non gli volete togliere.
Infatti indi a breve comparve il garzone della Ferrata, il quale oltre la età scaltrissimo, aveva trovato il suo conto a fingersi sordo-muto, e idiota, e così prese a interrogarli:
- Marzio dov'è?
- Se ce lo insegni noi te lo diremo. Questa è l'ultima notte del nostro obbligo di aspettarlo; o viene in breve, o non verrà più: il meglio, che tu possa fare, è di attenderlo qui con noi.
- Questo è guaio grande: che importa pescare, se non si bada alla rete?
- Vien qua, fanciullo, e cantaci la tua canzone; intanto Marzio potrebbe venire.
- Oh! vi pare egli? Ella è una canzone composta da qualche montanino ignorante di questi luoghi; - pare proprio fatta con la piccozza.
- Che sia stata composta su questi poggi non ha da dubitarsi, interruppe Orazio con modo acerbo; ma che l'abbia fatta uno ignorante non è vero, brutta scimmia, perchè l'ho fatta io...
- Orazio... vi chiedo perdono... io non credeva...
- Credessi, o non, credessi, impara che non istà straziare, la canzone a cui la canta: veramente la mia poesia non vale la tua voce; ma ad ogni modo, senza i miei versi come sapresti far sentire i tuoi canti?
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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