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      - Andiamo a vedere un po' dove si è rotto...
      - Giù in cucina...
      - Vi sarà rimasto il guazzo...
      - Eh! no, i mattoni lo hanno bevuto; anche i mattoni hanno voluto fare un brindisi a vostra Eccellenza...
      - Ma questa casa parmi fabbricata almeno da un secolo addietro.
      - Sicuramente; ma il pavimento è nuovo.
      - Chi aveva ragione di noi altri due: tu, che facevi derivare il nome oste da ospite; od io, che lo desumeva da nemico?
      - L'oste, a vero dire, interruppe il carbonaro, non fa razza da se; ma la natura lo ha messo nella grande specie, che dondola tra il somaro e il coccodrillo.
      - Chi vide mai questi animali?
      - Voi gli avete davanti, Eccellenza; questa razza è il popolo, che quasi sempre porta, qualche volta divora.
      Don Francesco, percosso da coteste parole, prese la lanterna e la sollevò al viso del carbonaro. Orazio riconobbe lo sguardo verde, il riso maligno, la faccia di marmo del conte. Il Conte ravvisò i capelli canuti e le sembianze di Orazio, comecchè gli sembrasse assai prostrato dagli anni, e forse, come ei credeva, dai patimenti.
      - Pare che noi non siamo conoscenze nuove, favellò il Conte; l'avventura dei capelli bianchi non è di quelle, che si possano leggermente dimenticare.
      - È vero, i capelli bianchi non si dimenticano, - già si rammentano da se.
      - Quantunque io vi conservi rancore per non avermi contentato a riportare gli aquilotti nel nido, pure, che siate uomo animoso non è da dubitarsi. - Mi duole che la fortuna non vi abbia sollevato; e se potessi, io le direi in viso che ha torto, e si vergognasse una volta.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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