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- Subito, Eccellenza; - e andava.
- Senti, vieni qua; adesso fa giorno, o notte?
- Notte, perchè senza lumi qui non ci si vedrebbe.
- Non qui... ma fuori...
- Fuori è buio ugualmente. Se poi lassù faccia notte o giorno io non saprei informarne vostra Eccellenza, perchè per ora non mi concedono salire...
- Che parli tu di salire? A me non parve scendere venendo qua dentro.
- Vi è parso perchè è dolcissimo il pendìo, che mena nello interno della spelonca; ma avete da sapere, che ci troviamo delle miglia ben molte sotto terra.
Don Francesco vedendo essere preso a gabbo, dal petulante garzone gli vibrò tale uno sguardo, che per quanto costui fosse sfrontato non ebbe forza di sostenerlo, ed uscendo avvertiva:
- In un baleno torno col pranzo, che
Il nostro gregge e l'orticel dispensaCibi non compri alla non parca mensa,
come dice il signor Torquato Tasso.
Questo baleno durò per così lungo spazio di tempo, che il Conte attribuendo la dimora a nuova malizia del garzone, sempre più s'inviperì contro di lui, e dispose dargli tale ricordo, che se ne potesse rammentare per un pezzo. Tornò alla fine il ragazzo simulandosi ansante come chi viene in fretta, e portò due candelieri di singolare fattura: erano due mani scarne, che reggevano le candele accese; i lini per imbandire la mensa, e di più ragioni vivande accomodate squisitamente, e in copia da bastare a dieci: dispose ogni cosa con accortezza sopra la tavola, procurando starsene lontano quanto meglio poteva dal conte. - Questi spiava il modo di mettergli le mani addosso; ma il garzone, svelto, si cansava a guisa di mosca sul muso dello alano, che gli svolazza fastidiosa ed assidua pel naso, per le orecchie, e per gli occhi; e quando sbuffando avventa le zanne fugge via, ed egli morde l'aria.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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Eccellenza Eccellenza Francesco Torquato Tasso Conte
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