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      - Sono la fanciulla di Vittana, proseguiva la voce: se io ti odiai una volta e' fu perchè aveva dato ad un altro fede di sposa; ma ora la morte mi ha sciolto dall'obbligo, e mi sono accorta dal dono, che mi facesti, e porto qui in mezzo del cuore, quanto tu sii più generoso amante. - Appressati, via... rimettiamo il tempo perduto... a me tarda inebriarmi di amore.
      E l'aborrita figura, tese le braccia, a sè lo attirava con gesti provocanti. Il Conte rifuggiva inorridito, e con tutte le forze rimastegli la respingeva. Invano però; chè la femmina sottentrando lo ricinge alla vita duramente, e lo sforza a giacere. Ora se lo preme delirante contro il seno, e col manico del pugnale ammacca le costole e il petto del conte, che mugola pel nuovo spasimo, e poi lo bacia, e lo ribacia con le labbra ingrommate di sangue. In breve mani, seno, faccia, e capelli del conte grondano sangue: non poteva tenere gli occhi aperti e la bocca senza che se ne sentisse piovere dentro caldi ruscelli, e accecarlo, e soffocarlo. Finalmente il furore del succubo toccò il delirio; raddoppia ardentissimi i baci e i singulti, e così stringe spietato fra le braccia di ferro il vecchio conte, che questi sentendosi spezzare le ossa del petto, singhiozzando per la insopportabile angoscia venne meno.
      Innanzi che lo intelletto tornasse a raggiargli nella testa, una confusione di strida e di guai dolorosi mista di fragore di catene gli percuote le orecchie. La pelle delle ciglia abbassata non basta a difendergli le pupille dal molesto bagliore.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Vittana Conte