Apre finalmente gli occhi, e vede la camera in fiamme: balza atterrito sopra il letto, ed ecco in mezzo a cotesto fuoco comparirgli diversi sembianti in attitudini disperate, che urlavano in modo da intronare il cervello:
- Allo inferno! allo inferno! E dalla torma delle larve se ne staccò una tutta nera, se non che getti di fuoco palesavano gli occhi, il naso, le orecchie e la bocca: le rughe del volto erano segnate parimente da liste di fuoco. La larva appressandosi al conte levò la mano fiammeggiante in atto di maledire, e profferì queste parole:
- Io sono l'anima del falegname di Ripetta. Maledetto per la morte atroce, che mi hai fatto soffrire: - maledetto per lo affanno della mia moglie: - maledetto per la miseria di mio figlio: - mille volte maledetto per lo inferno dove mi hai precipitato, però che io morissi senza sacramenti, e la mia anima spirasse bestemmiando Dio. -
Il Conte, comecchè nel corpo si sentisse infranto da potere appena trarre il fiato, e nell'anima avvilito, pure per abito, più che per intenzione di scherno, favellò fiocamente:
- Poichè tu sei, per quanto io credo, il primo corriere che il diavolo manda in questo mondo, fa' di darmi notizie dello inferno...
- Le vuoi?... Porgimi la mano...(122)
E siccome il Conte nicchiava, la larva irridendo riprese:
- Ha paura il conte Cènci?
E quegli gliela porse. Allora la larva stese lo indice della destra, e lo appuntò in mezzo alla palma del conte. Come dalle torcie di bitume sorrette obliquamente gocciolano stille infiammate, le quali cadute sul terreno continuano ad ardere finchè non si consumino, così dal braccio della larva scaturirono bolle di sudore di fuoco, che stridendo si precipitarono giù pel dorso della mano, e pel dito sopra la palma del Cènci.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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