Vediamo un po' che cosa si ha da fare del nostro prigione: a me sembra che quando avesse su l'anima anche il doppio dei peccati, ch'egli ha commesso, meriterebbe ormai assoluzione plenaria.
- Sì, rispose Marzio, egli è tempo che noi gli celebriamo la messa di requiem.
- Adagio ai ma' passi; prima del requiem bisogna cavargli di sotto qualche cosa, come sarebbe un ventimila ducati...
- Sicuramente, riprese Ghirigoro, lo strazio che ha sofferto basta; e non potremmo rinnuovarlo senza che ci restasse fra le mani.
- Davvero, continuò Orazio, io credo avergli sfondato lo stomaco col manico del pugnale, che mi ero adattato sul petto; ed anch'io mi sento indolenzito, perchè lo stringevo con rabbia, e con paura: ve' come sono concio da quella criniera di cavallo insanguinata; il sangue della vescica mi ha imbrodolato tutto, e mani, e seno, e braccia...
- Io ti so dire, riprese Olimpio, che senza le tue candele non saremmo venuti a capo di nulla; come mordeva il tristo vecchio! Per certo ha da avere il diavolo in corpo. Deh! Orazio, dì, o come hai fatto a comporre coteste tue infernali candele?
- E' sono segreti, che a me per impararli costarono spesa e fatica. Uno astrologo Armeno, in Venezia, per insegnarmi la ricetta volle che io gli contassi cinquanta ducati di oro...
- Non ti credevamo avaro, Orazio. Se pretendi essere rimborsato, ti renderemo i ducati; ma fra noi ogni cosa dovrebbe essere comune...
- Oh, io non l'ho detto mica per questo! Uditemi, dunque, e imparate. Cotesta chiamasi mano di gloria, e si compone così: taglisi primamente la mano sinistra allo impiccato, e avviluppatala dentro un pezzo di tela nuova ripongasi in un vaso di terra, e vi si lasci stare per quindici giorni coperta di balsamo di Arabia; poi ha da esporsi al sole leone tanto che si secchi.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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