Le candele si fanno di grasso d'impiccato, di cera vergine, e di sesamo di Lapponia. Queste candele, messe fra le dita della mano di gloria, hanno la virtù di stupidire la gente a farla travedere con apparenze piene di terrore(123).
- E certo esse hanno istupidito anche noi, perchè io pure mi senta la testa tutta confusa...
- Sarà; ma io temo che quel vino di Keres, che abbiamo bevuto, fosse medicato...
- Se Marzio anch'egli faceva la sua parte sarebbe stata compita la festa: - dì, Marzio, perchè non sei venuto?...
- Io? Perchè mi prese un furore di stringergli il collo, e strozzarlo senz'altri argomenti; e così la mia vendetta non era piena, e voi rimanevate defraudati del riscatto. - Orsù, ormai mi tarda lo indugio: andate ad estorcere a quel dannato la moneta che volete; poi, secondo il patto, lasciatelo in mia potestà.
Qui si fecero a rinnuovare l'olio nelle lanterne, e si accostarono alla porta della prigione: trovarono la spranga levata; la prigione vuota.
Alzarono un urlo di rabbia, al quale dalla bocca della caverna rispose un grido di spavento. Entrò un bandito vacillando, che aveva rilevato una ferita nel fianco, e disse tutto angoscioso:
- Siamo sorpresi... fuori, o ci ammazzano come volpi nel covo.
I banditi afferrarono le armi, e si affrettarono a uscire dalla caverna.
Questo dialogo spiega i tormenti, che avevano fatto subire al Conte. La mano e le candele di gloria erano superstizioni, alle quali prestavano piena fede in cotesti tempi. Gli apparecchi per cura di Marzio disposti nella caverna, e il terrore avevano fatto credere paurosamente soprannaturale una scena da giocolieri.
| |
Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
|
|
Lapponia Keres Marzio Marzio Conte Marzio
|