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      CAPITOLO XX.
     
      LA NOTTE SCELLERATA.
     
      . . . . Con mano empia tentavaI misteri di amore in quelle membra,
      Ma lo respinse un Dio che lei vegliava.
      Il Dio che pura se la tolse in cielo,
      Come quando ella uscìa dal suo pensiero.
      ANFOSSI, Beatrice Cènci.
     
      Ecco come si ammenda il Conte Cènci.
      Sparsa le bionde chiome, con la fronte volta al cielo, le braccia abbandonate, genuflessa sul pavimento sta Beatrice Cènci dentro una stanza della Rocca Petrella. Alla bellezza, e all'atto rassomiglia la inclita statua della Fiducia in Dio, nella quale lo Artefice della "terra dei morti" ha infuso un'anima, ch'egli stesso non aveva(124).
      La stanza in cui si trova è una prigione: - ormai la sua vita sembra un tristo cammino, del quale le prigionie sieno le colonne milliarie per distinguerne gli spazii. L'aspetto della stanza apparisce strano a vedersi: splendido è il letto per cortine ampissime di damasco, e cornici dorate; ricopre il pavimento uno arazzo rappresentante Enea, che ascolta i presagi maligni dell'arpia Celeno: sopra una rozza tavola di albero stanno vasi e bacili di argento: le pareti squallide, e tracciate col carbone dalle sentenze, che la tristezza, o l'ira, o il rammarico spremono dal cuore del carcerato... stille di essenza di angoscia, uscite fuori per la gran forza dello strettoio della necessità. -
      Il cielo si contemplava per breve tratto traverso una ferrata, davanti alla quale il Conte Cènci, quel perfido ingegno, aveva fatto inchiodare uno assito a modo di tramoggia; sopra la tramoggia ordinò adattassero una graticola fitta di filo di ferro.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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