Beatrice si affaticò sovente arrampicarsi fino alla parte superiore della inferriata, tentando quinci scuoprire o cima di albero o vetta di colle, che le fossero all'anima come un ricordo della bella natura: e quantunque tre, quattro volte e sei rimanesse delusa, non per questo cessò ritentare; perocchè sia amaro rassegnarsi alla perdita dell'aria, della luce, e della vista del creato, che Dio benigno concesse all'animale più abietto. Dotata d'anima di poeta, capace di rendere eco dalla sua più sottile e recondita fibra alle sensazioni del bello, almeno per le fessure s'ingegnò vedere i colli azzurri, le verdi vallate, il fiume, boa immenso delle acque, che serpeggia per la pianura, ma non le fu dato. Malignamente invidioso di quell'aura di refrigerio, il Conte più volte il giorno, e più sovente nelle ore matutine, mentre un po' di sonno le rinfrescava il sangue infiammato, mandò fabbri, che sospesi a corde aeree (non veduti da Beatrice) martellavano, conficcavano, ristuccavano, ristoppavano, calafatavano, tormentavano insomma con quel fragore continuo, che è proprietà dello inferno; - onde il capo l'era diventato come infranto, e in qualsivoglia parte, comecchè leggermente, lo toccasse si sentiva dolere per tutta la persona.
Oh quanto riso di cielo balena di là da coteste luride tavole, oh come la natura esulta nella sua bellezza oltre cotesto sozzo assito! Maledetta la mano, che si pone fra gli occhi dell'uomo e la natura! L'anima si strugge di desìo; e se vede trapassare un uccello, si posa sopra la sua ala e gli raccomanda di portare per lei un saluto ai cari parenti, e ai luoghi della sua infanzia.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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Dio Conte Beatrice
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