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      - Vacillò... rovinò... percosse aspramente sul pavimento gorgogliando dalle aperte fauci sangue a rivi, e un borbottìo confuso. -
      Beatrice mette un gemito, apre languidi gli occhi... Dio del cielo! non è illusione adesso... gli ferma nel volto dello amante desiderato. L'Amore con le mani di rosa schiuse i suoi labbri al più gentile dei sorrisi - ma cadde su l'anima dello amante come sopra statua di bronzo... egli la fissò inferocito, e col pugnale grondante le accennò il caduto.
      Il sorriso morì su i labbri di Beatrice siccome muore il bacio, che sul punto di svegliarci mandiamo ad una visione notturna. Pure la donzella non conosce ancora tutti i misteri di cotesta notte scellerata. Chi è mai quel caduto, e che fa? Egli tiene riversa sul terreno la faccia, non fiata, e scarso là giunge il raggio della lampada. Beatrice ha già mosso le labbra per interrogare; Guido ha scorto, comunque visibile appena, cotesto moto, e lo ha temuto... guarda lei... guarda il moribondo; - ella segue con gli occhi lo sguardo di Guido sul caduto, - poi torna a sollevarli su l'amante... egli è sparito...
      Una luce funesta ha balenato su l'anima di Beatrice. Immemore del verginale decoro ella balza dal letto, e non rifugge, o non sente di lordare il piè nudo nel sangue, di cui è inondato il pavimento. Appoggia le mani su i capelli del moribondo, - gli volge la testa... è suo padre!- -
      Egli agita lieve lieve la bocca nelle estreme convulsioni; i suoi occhi stanno orribilmente fissi nella immobilità della morte.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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