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      Beatrice si rialza, come molla che scatti, con le braccia tese, curva alquanto della persona, impietrita di spavento: pareva percossa da catalessìa. Gli occhi del Conte si dilatano, si avvivano - mandano uno sguardo lungo - poi diventano colore del piombo... si spengono... è passato.
      La mano della Necessità, di cui le dita erano rabbia, spavento, amore, furore, e pietà, tese orribilmente l'arco della intelligenza di Beatrice; e se non lo ruppe, lo stupidì. La fanciulla, immemore di se, stava ferma senza pensare, senza sentire. - Guido, come lo agita il demonio, scende tempestando le scale, traversa la sala dove si trovavano raccolti la signora Lucrezia, Bernardino, Olimpio e Marzio; e, scagliato lungi da se il coltello sanguinoso, grida:
      - È morto! - È morto!
      - Perchè non lasciaste a noi la cura di saldare i nostri conti vecchi col Cènci? - interrogava Olimpio.
      E Marzio, freddo, soggiunse:
      - Questo è caso da assicurarcene bene(130); - e s'incamminò verso la prigione.
      - Singolare natura umana! - Marzio, capace di ammazzare il Conte con la medesima devozione con la quale avrebbe recitato il rosario, appena ebbe visto la nudità della donzella si ritrasse verecondo, scese, e ne avvisò sommesso la matrigna; la quale, superando il ribrezzo, si attentò di entrare nella stanza del delitto. Si fece presso a Beatrice; la chiamò a nome; la scosse; e non ottenendo da lei risposta alcuna, la ricoperse con la zimarra caduta al Conte, e presala per mano la trasse via. Ella lasciò condursi, non oppose resistenza alcuna al lavacro dei piedi insanguinati, alle fregagioni di aceto, allo adagiarla sul letto: guardava stupida, e non profferiva parola.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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