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      - Non conosco il vostro, sibbene quello del Vicerè, a cui pochi possono andare pari, superiore nessuno.
      Ed il criminalista dall'arguta risposta si trovò capovoltato.
      Ora ecco il negozio, che in quel momento teneva occupato il potentissimo Duca di Ossuna. Sua Eminenza il cardinale Zappata (quel desso donde nasce il proverbio, che predicava bene, e razzolava male) gli aveva mandato in dono da Madrid un magnifico pappagallo, ed egli si sollazzava con quello: non già che don Pedro fosse un perdigiorno; tutto altro: aveva fama di solertissimo nelle faccende di stato, e veramente era: ma tanto è, in quel momento gli era saltato per la testa il ticchio di divertirsi col pappagallo, e non voleva in cotesta ora essere infastidito. D'altronde l'arco sempre teso si rompe, ed un po' di sollievo giunge accettissimo agli spiriti più irrequieti.
      E' fu mestieri che si rassegnasse il buon vicario ad esporre il motivo della sua venuta al segretario, il quale accolse il racconto con mediocre premura, e a mezzo discorso gli tolse le carte di mano, e, voltegli le spalle, disse: "ho capito!"
      Il segretario entrò improvviso, e sorprese il Vicerè che insegnava al pappagallo... che cosa mai gl'insegnava? Una parola spagnuola, che verun gentiluomo vorrebbe profferire, e nessuna gentildonna ascoltare... quantunque, pronunziata dal pappagallo, ecciti la ilarità delle donne e talvolta ancora il rossore; sicchè esse si celano la faccia dietro al ventaglio, - talune per sentire, talaltre per fingere di sentire vergogna.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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