- Sappiamo a prova, disse il Vicerè con signorile alterezza e porgendo là mano per ricevere le carte, negarsi a noi quello di cui gli altri uomini hanno copia; - un momento di riposo. Informate, don Ynigo.
- Serenissimo! Un bandito dello stato romano nella decorsa notte ha ucciso proditoriamente certo suo compagno presso il tabernacolo della Madonna del Buonconsiglio: arrestato stamane, confessava su i tormenti. Il Vicario, considerata la confessione spontanea, sarebbe di avviso si condannasse a morte senz'altra procedura, per frenare gli omicidi e i ladronecci, che incominciano a parere già troppi anche al signor Vicario.
- Ed è questo il motivo per cui mi siete piovuto in camera fragoroso e improvviso, come palla di bombarda briccolata in cittadella nemica?
- Serenissimo! si degni rammentare che la colpa non viene dalla palla, bensì da cui la manda.
- Voi non avete mai colpa, assomigliate gli assistenti dei sagrifizi di Giove, dei quali l'uno scaricava su l'altro il fallo del bove ammazzato; sicchè la pena toccava finalmente al coltello, che, innocentissimo, pagava per tutti.
Il cortigiano, per non far peggio, sorrise come estatico all'arguzia del motto. Il Vicerè blandito, prendendo una penna stava per firmare senz'altro la proposta del vicario; ma si fermò:
- Per Santo Yago! ella è cosa da nulla firmare uma sentenza di morte? Tra firmarla, e patirla una tal quale differenza ha da essere. - Passare di un tratto da un mondo dove risplende così luminoso il raggio del sole, ad un altro dove la cosa più chiara, che io possa comprendere, è un buio eterno.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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