Di questo piccola cura prendeva donna Carmina, perocchè i giustiziati fossero da lei (che si era assunto il carico dell'Arciconfraternita della Misericordia) trasportati con ragionevoli intervalli nella pignatta, e quivi tenuti sepolti finchè non avessero fatto buon brodo. Quando i polli vennero meno, egli mosse terribilissima accusa contro Giordano cane di casa: certo da anni ben lunghi ei gli aveva badato le sue masserizie dai ladri; una volta ancora gli salvò la vita, ma invano; fedeltà e amore, e beneficii fatti lui non iscamparono dalla rabbia del giudice matto: egli ebbe a morire: e di questo anche poco increbbe a donna Carmina, anzi ci ebbe piacere, dacchè il cane fosse vecchio, e per di più aveva perduto un occhio. E poi, si sa, gli anni dei servi quando diventano troppi pei padroni, anche battezzati e cattolici, formano capo di delitto supremo; e di ciò fanno fede i coloni di certa parte di America, i quali con tranquilla coscienza accusano gli schiavi vecchi e disutili al Governo di non commessi misfatti, ond'egli gli ammazzi, e in parte ne rimetta il prezzo!
Morto il cane venne la volta della gatta, delizia di donna Carmina: se mai visse al mondo gatta incolpevole, proprio fu quella; dopo tanti anni di buona condotta le si potè imputare un errore solo: rubare un cacio fresco dallo armario(141). Ahimè! Anche i santi cascano, e la tentazione superava le forze della gatta; non ebbe rispetto il fiero giudice alla fragilità del sesso, al naturale istinto, alla provocazione del cacio fresco, e al prolungato digiuno, dacchè resultava dagli atti, che da bene ventiquattro ore il povero animale era rimasto senza governo: ogni circostanza attenuante rigettò, e come rea di famulato qualificato da scalata, e colta in fragranti, condannò barbaramente a morte.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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