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      Tanto bene insegna, e in breve tempo, il pericolo!
      Giunto il giorno prefisso i carbonari uscirono senza ostacolo di Roma, e Guido con essi. Per via occorsero nella squadra della corte, che tornava da perlustrare la campagna; e taluno di loro avendo interrogato il bargello, come fra gente amica si costuma, che nuove ci fossero, n'ebbe per risposta: "Uscimmo per caccia di pelo, ma ha fatto la BELLA; e a questa ora neanche caramella la pizzica".
     
     
     *

      * *
     
      Le carrozze che conducevano la famiglia Cènci fermaronsi. Aperta quella nella quale stava chiusa Beatrice, le venne ordinato di uscire; e mentr'ella, obbedendo al comando, poneva il piede sopra del montatoio, al chiarore vermiglio dei lampioni che il carceriere ed i serventi portavano, s'incontrò di faccia a faccia col Cristo di marmo, da lei poche ore innanzi avvertito sopra le porte del carcere della Corte Savella. Gli volse la desolata ambe le braccia, esclamando nella effusione del cuore:
      - "Mio Dio, abbiate misericordia di me!"
      E scesa, curvò la persona varcando la porta della prigione... vera forca caudina del pianto! Quando volse il capo per rivedere i suoi essi già erano tratti lontano, e tra lei e loro intercedeva un'onda di armati: come naufraghi divisi dalle onde si rimandarono scambievolmente il saluto con un grido, che rimbombò doloroso di corridore in corridore per cotesta immensa prigione.
      A Beatrice fecero percorrere lunghi anditi, salire e scendere scale; poi in fondo di una stanza a volta apersero un uscio e la cacciarono là dentro: subito dopo richiusero l'uscio con impeto, trassero il catenaccio, a doppia mandata girarono la serratura, ed ella si trovò al buio in luogo freddo ed umido; inferno vero di vivi.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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