Mastro Alessandro appariva di membra proporzionato egregiamente; senza adipe, muscoloso come atleta, olivastro di pelle, o piuttosto bronzino; i capelli aveva ricciuti, e neri; le sopracciglia irte calanti su le palpebre in modo, che dai peli rabbuffati vedevi comparire la pupilla ardente come fuoco tra pruni; le labbra poi sottili, e compresse parte per natura, parte per la lunga abitudine di tacere: minutissime rughe gli attraversavano la fronte; se così fitto avessero solcato gli anni, o piuttosto lo interno avvoltoio non si sapeva, nè alcuno curava sapere; avvegnachè anche i suoi anni fossero mistero e parecchi vecchi prossimi alla decrepitezza narrassero di un mastro Alessandro carnefice ai tempi della loro puerizia: forse era stato suo padre, o suo nonno; ma il volgo lo credeva lo stesso uomo; e ciò gli accresceva la paura. Nello insieme però la sua faccia dimostrava durezza, non bestialità: tipo degenerato, ma pur sempre romano. Ci trattenemmo non senza ragione a descrivere così particolarmente mastro Alessandro, avvegnadio ricorresse in quei tempi il giustiziere spesso, quanto ai nostri ricorre il soprastante dei carceri solitarii. E il Soprastante dei carceri solitarii, se lo ricordino bene, è moneta con la effigie del Boia, tosata dalla Civiltà con una lima presa nella bottega della Ipocrisia.
Nella stanza erano ritti parecchi pali con un braccio traverso, e in cima a questo pendevano carrucole fornite di girelle di bronzo con funi adattate a tirar su pesi; in terra sparsi piombi da mettersi ai piedi per dare la corda con lo squasso, e tassilli, e canobbi, eculei, capre, imbuti, sgabelli da vigilia, aliossi, torcie bituminose, cordicelle di sverzino, fruste, flagelli con triboli in fondo, seghe con altri più arnesi; corredo che la Ferocia e il Vitupero dettero alla Giustizia quando la maritarono con lo Inferno.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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